Preparatory Course - MODULO FORMA

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Categoria
ARTE
Data
2020-02-15 21:00
Luogo
- C.so G.Ferraris 140 - TO - - ARS DIAPASON
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30
Posti disponibili
15
Telefono
3333173310
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TEORIA DELLA FORMA E DELLA FIGURAZIONE                                                                 

Segno

Il segno può essere usato dall’artista e letto dall’osservatore secondo un significato tecnico o un significato espressivo: esso può, infatti, apparire calibrato o istintivo, neutro o significativo sotto l’aspetto espressivo. In questa fase interessa valutare il ruolo del segno nella definizione della qualità visiva dell’immagine. In molti casi esso è strettamente legato alla tecnica utilizzata.

Punto

Occorre rilevare in primo luogo se il punto contribuisce a definire gli altri elementi del linguaggio: linee, superfici, colore (in questo caso si ha un utilizzo tecnico del colore per eccellenza); inoltre occorre stabilire quali effetti consente di ottenere (ad esempio, un puntinato può, nel definire una superficie, suggerire il carattere tridimensionale della stessa superficie).

Linea

La linea si presta a utilizzi diversi, in quanto segue in maniera diretta la volontà espressiva dell’artista. Può essere spezzata, mista; può svilupparsi in andamenti continui, può rimarcare un segno nervoso o incerto. Se priva di particolari intenti espressivi, assume valore decorativo, come nell’Art Nouveau. L’arte fiorentina del Rinascimento presenta, tra gli altri, due interessanti modi di utilizzo della linea: secondo l’idea di L.B. Alberti, essa deve segnare il perimetro della figura, definendola; nella tradizione dei pittori del tardo Quattrocento, come Botticelli, Verrocchio e Pollaiolo, la linea parte dall’interno della figura stessa e fluisce nello spazio mediante avvolgimenti.Nella tecnica incisoria, essa assolve ad un ruolo fondamentale nel definire sia i contorni delle figure sia nel costruire la sottile trama delle superfici (fig.1).

Superficie

In un’opera figurativa la qualità della superficie dipende dal supporto utilizzato, dalla tecnica o dal segno impresso dall’artista. Un supporto ligneo offre una base omogenea al pittore; la trama della tela può, invece, essere volutamente lasciata in evidenza sotto una stesura meno densa di colore. Tale caratterizzazione è molto evidente nelle opere scultoree, la cui qualità visiva è strettamente legata al materiale utilizzato e alla volontà dell’artista di sfruttarne le caratteristiche.

La linea è innanzitutto contorno delle cose, margine tra ciò che è e ciò che non è. Dunque tracciare una linea significa rappresentare visivamente un ragionamento astratto, filosofico. Nulla possiede una linea di contorno e definirne una diventa un atto altamente creativo.

Da questo punto di vista, però, la linea ha dei limiti: non può rappresentare (in teoria) le modulazioni della superficie. E gli Egizi, con la loro raffigurazione delle figure umane per mezzo della linea di contorno, se n’erano resi subito conto.

Non potendo disegnare efficacemente le parti sporgenti del corpo (come il naso o i piedi) utilizzando un’unica spessa linea, risolsero la questione rappresentando queste parti di profilo ma lasciando le spalle in vista frontale (altrimenti la spalla di profilo sarebbe diventata una nuova sporgenza). Il risultato? Figure umane completamente piatte.

 

Ma torniamo al passato… con i Greci la linea, da semplice contorno delle figure (che restano fondamentalmente bidimensionali), inizia progressivamente a diventare volume, modellato.

E la cosa è ancora più evidente nel passaggio intorno al 530 a.C. dalla ceramica a figure nere, nella quale i dettagli vengono ottenuti graffiando con una punta metallica la vernice scura e producendo solo linee di uguale spessore ed un effetto molto “grafico” e bidimensionale, alla ceramica a figure rosse che richiede, invece, l’uso del pennello dando la possibilità di variare lo spessore e la densità del tratto, conferendo con ciò alle figure un maggiore realismo e una notevole tridimensionalità.

La linea greca, dunque, si fa volume nel momento in cui abbandona il profilo esterno delle figure per penetrare al loro interno, interrompendo il percorso della linea vicina. In tal modo si crea un “davanti” e un “dietro”, termini che denotano distanze, dunque spazio e volume.

Non troppo diversa dalla linea greca è quella, recente, di Alexander Calder e dei suoi lavori in fil di ferro. Anche se sviluppati nello spazio si tratta sempre di disegni nei quali la linea suggerisce alcune parti della figura lasciando alla nostra percezione il compito di completarne la forma.

A questi esperimenti sono ispirate tante altre esperienze simili: volumi creati col filo metallico che descrive nello spazio un disegno tridimensionale.

Ma torniamo al passato: anche quando l’arte acquisì l’uso del chiaroscuro pittorico, alcuni artisti continueranno a circondare le loro figure con una evidente linea di contorno proprio allo scopo di renderne la leggerezza, suggerendone quasi la bidimensionalità (come fa Botticelli) o, al contrario, ottenendo un vigoroso stacco dallo sfondo che enfatizza la plasticità dei corpi (come fa Michelangelo).

Mentre nella tradizione fiorentina, e soprattutto per Leon Battista Alberti, la linea di contorno era “circumscriptione”, ossia un segno che individua l’oggetto, lo definisce e lo razionalizza, per Leonardo, da fine osservatore del mondo reale e dei suoi fenomeni, la linea è strumento di progetto, metodo di rilievo dell’esistente ma mai margine e delimitazione delle figure dipinte!

La Gioconda, anzi, sembra essere un tutt’uno con il paesaggio che la circonda avvolgendola. Ed anche nei disegni la linea di Leonardo non è mai netta e continua ma tende a suggerire, a far vibrare, a dare un’immagine pulsante delle forme naturali che vediamo intorno a noi.

Sulla stessa lunghezza d’onda saranno gli Impressionisti che sull’abolizione della linea di contorno hanno costruito un nuovo linguaggio fatto di forme indistinte eppure vitali e verosimili.

Torniamo, adesso, agli artisti che prediligono la linea. Come dicevo all’inizio è difficile rendere la tridimensionalità di una figura solo attraverso l’uso di linee.

Eppure si può creare il volume e il chiaroscuro anche utilizzando solo linee e tratteggi incrociati, metodo utilizzato da tutte quelle tecniche come l’inchiostro o l’incisione nelle quali non sono realizzabili forme di velature o di sfumato.

Ecco come prendono volume un paio di brocche in un’incisione di Morandi del 1959.

Utilizzando linee ondulate (quasi delle curve di livello altimetriche) si può creare, invece, la sensazione del volume senza ricorrere al tradizionale chiaroscuro.

Avvicinare ed allontanare linee curve produce, in effetti, delle sensazioni molto plastiche come si può osservare nelle immagini qui sotto.

Osservate quella di destra: è un pavimento perfettamente piano ma la forza percettiva delle linee deformate è tale da dare la netta impressione che la superficie sia tutta ondulata!

Questi effetti sono stati portati all’esasperazione in tanti esempi di op-art nei quali l’effetto dinamico è tale da produrre vibrazioni quasi fastidiose!

Questi fenomeni di interferenza possono essere creati anche attraverso il cosiddetto effetto Moiré. Due retini rigati sovrapposti generano, muovendosi l’uno sull’altro, delle vibrazioni dinamiche davvero particolari.

 
 

Altre date

  • 2020-02-15 21:00
 

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